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Uriel Orlow

Il lavoro di Uriel Orlow affronta il tema della storia, dei suoi vuoti e del retaggio del passato sulla realtà attuale.

Attraverso diversi linguaggi espressivi, l’artista cerca di fare luce su ciò che le grandi ambizioni si lasciano dietro e sulle molte ombre che le tragedie rimosse gettano sul futuro.

Il suo lavoro, che procede per cicli successivi, ha riguardato, tra l’altro, i fantasmi della Shoah, le complessità della situazione mediorientale, l’attuale situazione postcoloniale, l’irrisolta realtà post-sovietica.

A quest’ultima questione fa riferimento il primo lavoro di Orlow entrato a far parte della collezione nctm e l’arte, ossia la serie Still Aftershock (2013)

Still Aftershock: nel dicembre del 1988 la città di Leninakan, nel nord dell’Armenia sovietica, è ridotta in macerie da un terremoto. Migliaia i morti, centinaia di migliaia i senzatetto. Tra le strutture distrutte c’è una fabbrica tessile che, fino a quel momento, aveva prodotto oltre la metà dei tessuti dell’Unione Sovietica. La copertura mediatica è ampia e alla popolazione giungono numerose promesse di assistenza internazionale.

Alcuni decenni dopo Leninakan si chiama Gyumri. Le rovine della fabbrica sono ancora lì, le promesse non sono state mantenute e la situazione dell’area è mutata. Dove un tempo la vita era scandita dal ritmo della produzione, ora il lavoro è sostituito da pratiche di sopravvivenza: tra le macerie gli individui vagano, recuperano rottami metallici, fanno pascolare le mandrie, giocano a nascondino.

Nelle fotografie della serie Still Aftershock gli scatti fanno riferimento agli effetti del cataclisma, che può essere interpretato come una prefigurazione del cambiamento generato dalla fine dell’Unione Sovietica; mentre i diversi tessuti che li incorniciano evocano il lavoro industriale su vasta scala che un tempo caratterizzava l’area.

L’altro lavoro entrato a far parte della collezione è il trittico fotografico Wishing Trees afferente al progetto a lungo termine Theatrum Botanicum, incentrato sulla storia coloniale con i suoi effetti sulla società attuale, e sul concetto di natura, spesso  trasformato in strumento di dominio in nome della forte componente politica che lo innerva.

Wishing Trees, 2018: a partire dal 2013 Orlow ha cominciato a rivolgere grande attenzione al tema della botanica intesa come ambito in cui è possibile rintracciare l’espressione di vaste dinamiche geopolitiche. Dalle relazioni coloniali di ieri ai fenomeni economici del presente, l’artista constata infatti che “occupare il campo della conoscenza”, compreso quello della conoscenza botanica, è sempre stata una strategia fondamentale.

Sulla base di questo interesse, la ricerca lo ha portato in Sud Africa, dove ha preso forma l’ampio e sfaccettato progetto Theatrum Botanicum, nel quale materiali d’archivio vengono coniugati con altri spunti in opere legate per lo più al linguaggio fotosensibile, e destinate in molti casi a comporsi in articolate installazioni.

Uno degli sviluppi di Theatrum Botanicum è stato Wishing Trees, realizzato a Palermo in occasione di Manifesta 2018. Con l’espressione Wishing Trees Orlow si riferisce ad alcuni alberi legati a figure e momenti storicamente significativi. Per quanto riguarda l’Italia l’artista ha individuato in particolare “l’Albero di Giovanni Falcone”, che cresce fuori dalla casa del magistrato ucciso da Cosa Nostra nel 1992; “l’Albero dell’Armistizio”, di Siracusa, sotto il quale si dice essere stato firmato l’armistizio alla fine della Seconda Guerra Mondiale; il “Cipresso di San Benedetto”: il più antico albero di Palermo, dedicato al patrono della città, primo santo di colore della Chiesa Cattolica, figlio di schiavi etiopi e, per tutta la vita, umile cuoco in un monastero della città; proprio come cuochi nei ristoranti di Palermo sono oggi molti giovanissimi migranti africani arrivati dal mare.

Interpretando questi alberi come monumenti viventi alla storia e alla memoria del paese, Orlow ne condensa il portato in una serie di fotografie.

Un trittico appartenente al progetto fa parte della collezione nctm e l’arte.

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Date
  • 11 Marzo 2020
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