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Sammy Baloji

Sammy Baloji vive e lavora tra Lubumbashi e Bruxelles.

Il suo percorso inizia nel 2005 con la documentazione fotografica degli edifici moderni della capitale congolese, con le sue infrastrutture decadenti e l’architettura di origine coloniale ormai derelitta: sono le rovine di una modernità realizzatasi solo in superficie e ormai infranta.

Negli anni successivi il suo sguardo, corroborato da approfondite ricerche d’archivio, si amplia nel nome di un’analisi del patrimonio culturale, architettonico e industriale della regione del Katanga, poi della Repubblica Democratica del Congo, la cui vicenda viene letta in relazione alla storia della colonizzazione e del suo impatto, tutt’ora potente, sui destini dei paesi e sulle dinamiche globali.

Attraverso una fitta rete di rimandi dedotti dall’analisi di documenti di carattere etnografico, antropologico e scientifico, la visione critica di Baloji tende a procedere a ritroso, fino ad abbracciare, in alcuni progetti, le prime relazioni tra Africa ed Europa, nel Quattrocento.

Così, a partire da specifiche circostanze storiche, l’artista dimostra l’origine antica di cliché culturali che hanno plasmato il pensiero collettivo, nonché la loro persistenza nel tempo: lungi dal poter essere considerati retaggi del passato, molti di questi cliché continuano a giocare un ruolo centrale nell’odierna percezione del mondo.

Di Baloji sono entrate a far parte della collezione nctm e l’arte due fotografie della serie Chief de Terre e l’installazione Essay on Urban Planning.

Per quanto riguarda i Chief de Terre si tratta di ritratti di figure rispettate, re di antica genealogia che nelle aree rurali continuano a giocare un ruolo decisivo malgrado uno statuto amministrativo inesistente e il necessario confronto con le dinamiche globali, di cui, sul territorio, sono portatrici multinazionali e società immobiliari.

Essay on Urban Planning è invece un’installazione fotografica composta di una piccola fotografia del 1929 e da una serie di immagini di grandi dimensioni: alcune rappresentano porzioni di territorio di Lubumbashi, mentre altre rappresentano pannelli con mosche e zanzare disseccate.

L’opera ha origine in una ricerca d’archivio, e più in particolare nella fotografia scoperta da Baloji negli annali della compagnia Gécamines: due uomini di colore seduti accanto a una pila di mosche morte. Ai tempi ogni lavoratore, per poter ottenere la propria razione quotidiana di cibo doveva consegnare cinquanta mosche morte. Questo meccanismo assurdo e crudele rientrava nelle regole di una campagna attiva nella zona tra il 1918 e il 1951 per combattere la malaria; e faceva pendant con altri dispositivi igienico – sanitari, tra i quali l’istituzione di una vera e propria “no-contact” zone creata per tenere le due diverse parti della popolazione della città lontane le une delle altre. “Il cordone sanitario che separava le due razze era fondato sulla lunghezza del volo di una zanzara che poteva trasmettere la malaria, ossia 700 metri”. La zona di separazione è tutt’oggi ben percepibile nella struttura della città.

 

Sammy Baloji, Humbu Land Chief David Ebalavo, head of the Mbuku Mvemba Mavuba clan. Municipality of Lemba, 2015

Sammy Baloji, Humbu land chief Munziami Lita and some of his sons. Bibwa neighborhood, municipality of Nsele, 2015

Essay on Urban Planning, 2013
twelve framed Inkjet prints on Innova Ultra Smooth Gloss 285 gr; each: 80 x 120 cm, full: 320×360 cm; an archival photo displayed between two glass plates in a wall frame perpendicular to the wall 28 x 28 cm; an extract from the article L’Urbanisme au Katanga, in Essor du Congo, special edition for the international exhibition of Elisabethville, 1931, handwritten on the wall.

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Date
  • 31 October 2024
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