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Driant Zeneli

Il lavoro di Driant Zeneli riguarda il tentativo dell’altrove: di uno spazio infinito e senza confini, in cui nessuna aspirazione è preclusa, nessuna impresa impossibile;

un desiderio vivo in un artista cresciuto in un paese in veloce e non sempre lineare trasformazione, quale l’Albania. Così Zeneli si pone traguardi irraggiungibili, e li persegue pianificando imprese mirabolanti e paradossali, destinate al fallimento; ma tutt’altro che inefficaci: con forza immaginifica e non senza ironia, il suo lavoro esprime il carattere sovversivo del desiderio, il sogno come dimensione fondamentale perché permette di decentrare lo sguardo, e una ribellione alla logica della necessità, della funzionalità e del consumo. Stimolato non da spirito agonistico, ma da uno sguardo sempre rivolto verso l’alto, egli esplora il cielo per tentativi. L’antico sogno di volare, per esempio, ricorre in molte delle sue opere. Il fatto che i tentativi di distaccarci da terra siano irrealizzabili non cambia nulla. In questa relazione tra alto e basso, stimolata dall’insofferenza nei confronti della forza di gravità che ci vincola a terra, più che il cosmo con i suoi misteri conta lo spazio che separa l’essere umano dai suoi obiettivi: questo spazio è pieno di aspirazioni, che abitano l’uomo ad onta di ogni sua terrena condizione.

Attraverso video, fotografia, performance e disegno, Zeneli coniuga la vicenda personale con quella collettiva e il mito con i concetti di storia, di politica, con quelli di trasformazione, di utopia e di distopia; riformulando in modo personale l’idea di vero, di falso, di sfida e di fallimento.

Due tra i suoi progetti sono presenti nella collezione nctm e l’arte: Who was the last to have seen the horizon?, e Maybe the cosmos is not so extraordinary.

Il primo: in un video in cui si vedono i quattro personaggi, sottratti alla forza di gravità, fluttuare in uno spazio apparentemente vuoto; vitalmente pieno, in realtà, di sorpresa e di desideri; spiazzante proprio perché libero dei vincoli che ci limitano normalmente, e carico d’inedite potenzialità. La perdita dell’orizzonte può confondere e disorientare, ma rappresenta anche la possibilità di rimettersi in gioco, verso nuove direzioni.

Al progetto sono abbinati disegni e fotografie.

Con la videoinstallazione Maybe the cosmos is not so extraordinary

nel 2019 Zeneli ha rappresentato l’Albania alla 58ma Biennale di Venezia

Ciò che vediamo: interni di un’architettura industriale; scarni, spogli, di dimensioni imponenti. Esterni duri: un paesaggio nero di terra, di pietre, di fango. E sotto la miniera. Siamo a Bulqize: un sito minerario situato a 50 km da Tirana. Qui si estrae il cromo: un materiale prezioso, distribuito in tutto il mondo; una risorsa fondamentale per l’economia albanese; tra i suoi innumerevoli usi c’è l’applicazione in campo spaziale.

Il luogo è da anni al centro di tensioni in quanto teatro di una modernità a tinte fosche: sfruttamento, inquinamento, lavoro minorile.

Su questa porzione di mondo spodestato Driant Zeneli innesta uno spazio narrativo immaginando la comparsa, nella fabbrica, di un’enigmatica sfera argentea, arrivata dall’altrove: una capsula cosmica, che contiene le voci del mondo.

Per porre al riparo il prezioso oggetto si attivano gli abitanti del sito, nelle vesti di cinque giovani supereroi muniti di caschetto dorato e di tute dall’aspetto minerario-spaziale. La loro impresa – trasportare la capsula al sicuro in una grotta situata all’interno della miniera, si compie sul luogo, grazie a veicoli creati appositamente assemblando assi di legno, e caricati sulle spalle come fossero zainetti. Un piccolo essere volante li accompagna.

Come ha già fatto in passato con Maybe the cosmos is not so extraordinary Zeneli prende il via da un’osservazione trasgressiva della volta celeste per generare un’interpretazione metaforica e fantastica del rapporto degli uomini con i loro contesti di vita. Facendo riferimento alla mitologia del supereroe, egli fa emergere il sogno, lo trasforma in impresa, in una storia di uomini di valore. E innesca una riflessione sulla necessità di resistere alla contrazione dell’immaginazione e sulla possibilità di salvaguardare il desiderio, bisogno umano per eccellenza, al di là di qualsiasi limite imposto dalle condizioni di vita.

Tanto più immiserita e fragile è l’esperienza del quotidiano, tanto più il desiderio si attesta come forza propulsiva capace di sfondare i confini del reale e di far emergere inedite possibilità del reale.

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Date
  • 11 Marzo 2020
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